Pseudonimo di Daniel Pennacchioni, Daniel Pennac da bambino è un pessimo
allievo. Classe 1944, grazie al suo amore per la lettura e la scrittura si
laurea in lettere all’Università di Nizza, e a partire dal 1970 inizia la sua
attività di insegnante che lo appassiona. Contemporaneamente pubblica racconti,
molti dei quali ispirati alla figura di Benjamin Malaussene, di professione…
capro espiatorio.
Nel 1992 esce il famosissimo saggio Come un romanzo, nel quale Pennac stila i celebri “diritti del
lettore”. Ed è proprio di libri, lettura e scuola che abbiamo parlato nel
corso del nostro incontro. Affabulatore ironico, critico pungente, attento
ascoltatore, Pennac ci ha raccontato le sue esperienze in classe con bambini e
ragazzi.
La conversazione inizia dalla lettura della lectio magistralis
tenuta da Pennac all’Università di Bologna in occasione del conferimento della
laurea ad honorem in pedagogia, nel marzo 2013. Il titolo del testo è
assai stimolante: Una lezione di ignoranza. “Sono convinto”, dice
Pennac, “che il disastro scolastico dipenda dalla paura dell’insuccesso,
dalla vergogna del fallimento, dal timore per il futuro e dalla solitudine
mentale. La scuola è un baluardo fragile di fronte alla demagogia e alla
pubblicità”.
Ne approfittiamo per chiedere quale sia il ruolo della lettura in questo
contesto, e quale il motivo per cui i ragazzi non amano leggere. “Non riesco a
togliermi dalla testa l’idea che la compagnia dei nostri autori favoriti ci
renda più frequentabili a noi stessi, più capaci di preservare la nostra
libertà di essere, di tenere sotto controllo il desiderio di possedere e
consolarci della nostra solitudine.”
Molti sostengono che i ragazzi di oggi non leggono…
I motivi per i quali i ragazzi non amano leggere sono numerosi e ce li
ripetiamo tutti i giorni: colpa dell’evoluzione del mondo che ci circonda,
delle famiglie monoparentali, della mancanza di tempo e dei troppi impegni, dei
ritmi frenetici... ma non è mai colpa degli insegnanti?
Vi propongo un esperimento: se all’inizio dell’anno scolastico vi mettete
di fronte a una libreria (o in una biblioteca!) vedrete ragazzi che vi si
presentano con la lista, come in farmacia, dei libri prescritti (da noi in
Francia: una spruzzata di Baudelaire e dieci gocce di Balzac al giorno!),
dietro alla quale riemergeranno con aria spaesata e stanca. Spesso l’indifferenza
da parte loro alla lettura è causata dall’insegnamento “medico-legale” della
letteratura, mentre è importante formare il lettore. Dobbiamo stare attenti
a non diventare guardiani del tempio, e impegnarci invece a essere passeur.
Può spiegarci la differenza?
I guardiani del tempio sono ovunque: ce ne sono tra i medici, i giuristi, e
anche tra gli insegnanti. Si riconoscono da ciò che decretano e da ciò che
deplorano. Decretano eccellenza e deplorano mediocrità, ma non sono capaci di
trasmettere niente, si sottraggono a ogni responsabilità personale. Guardiano
del tempio non è una funzione, è uno stato d’animo, un ruolo. È la lettura
limitata alla conoscenza, che viene considerata proprietà privata.
I passeur invece sono coloro che trasmettono la cultura agli altri.
Sono i curiosi di tutto, quelli che leggono tutto, che non confiscano...
Passeur sono i genitori che si augurano di trasformare i figli in
lettori, gli insegnanti le cui lezioni ci spingono a correre in libreria, i
traduttori che aprono le frontiere dei paesi alle letterature, i librai che
insegnano ai clienti i criteri della classificazione dei libri per far sì che
la loro libreria diventi l’universo prediletto dal cliente, i bibliotecari
capaci di raccontare i romanzi sui loro scaffali, gli editori che non
rispondono alle logiche del mercato, i lettori che si ritrovano con una
libreria piena di testi brutti perché quelli belli li hanno prestati senza la
pretesa di riaverli indietro.
Come insegnante quali sono stati i suoi primi gesti per essere “passeur”?
La lettura è in grado di rendere luminosa la nostra solitudine, e per
conciliarsi con essa è molto importante la noia: quando insegnavo, prescrivevo
ai miei alunni venti minuti di solitudine e di noia al giorno. Dicevo
loro di tornarsene a casa, di non parlare con nessuno lungo la strada e di non
fermarsi al bar con gli amici. "Entrate in camera", dicevo
"sedetevi sulla sponda sinistra del letto e prendete un orologio.
Resistete così per 20 minuti, senza parlare, senza telefonare, senza studiare,
senza fare niente. Domani me lo racconterete".
I cambiamenti sociali quanto hanno influito sull’essere bambini oggi?
I nostri alunni non sono certamente più quelli di cinquant’anni fa. Da
allora infanzia e adolescenza hanno cambiato statuto, sono diventate clienti
della società dei consumi.
Ai tempi in cui ero ragazzo si mangiava ciò che c’era in tavola e si
leggevano i libri che trovavi nella libreria di casa tua, non c’era una
letteratura specifica per i ragazzi, mentre oggi tutto è mutato, nel consumo di
cibo, di giochi, nei mezzi di trasporto e comunicazione, nella scelta dei
libri.
C’è un sentimento di maturità sociale che accomuna bambini e
genitori, ed essi rivendicano gli stessi diritti, gli stessi telefonini,
videogiochi. In questo modo adulti e ragazzi si collocano nell’ambito
dell’“avere” ma sono convinti di stare in quello dell’“essere”. La nostra
missione è quella di rimettere a posto i due campi.
Quali consigli dà agli insegnanti per avvicinare i ragazzi alla lettura?
Negli anni Ottanta leggevo ai ragazzi delle mie classi i libri ad alta voce
e facevo loro imparare dei passaggi a memoria, spesso si trattava degli
incipit. Numeravo ogni libro, uno per ogni settimana, poi giocavamo a
interrogarci a vicenda chiamando il numero “dimmi il 3, dimmi il 7!” e anche io
entravo nel gioco insieme a loro.
In questo modo mostravo loro come la mia memoria, a quarant’anni, fosse
molto più labile della loro. Il discorso della memoria è fondamentale
quando si parla di lettura, perché il mio scopo era che si costruissero una
biblioteca mentale da portarsi dietro nel tempo, nel futuro.
Pensavo sempre al futuro quando leggevo per loro. Tant’è che mi è capitato
una volta di incontrare un mio ex allievo che mi ha guardato fisso e si è messo
a recitare l’inizio di Cent’anni di solitudine, che avevamo letto
insieme quando lui frequentava la seconda media. Mi disse che ero stato io a
infondergli la passione per la lettura: e adesso di professione fa il pilota di
aerei, e mi ha confessato di avere l’abitudine di inserire il pilota automatico
durante il viaggio, per poter leggere in pace qualche pagina. Al che non ho
potuto fare a meno di chiedergli su quale tratta voli!
Oggi abbiamo classi con bambini di origine straniera: non è più difficile
appassionarli alla lettura?
Quando c’erano molti bambini stranieri con una minima alfabetizzazione in
francese chiedevo loro di tenere un quaderno vicino al letto, a casa, e
di scrivere i loro sogni al mattino, di getto, anche con poche frasi. In classe
dovevano raccontarmeli, leggermi ciò che avevano scritto e poi li riscrivevamo
insieme, correttamente, rispettando le regole grammaticali. Niente
interpretazioni: l’esercizio era utile per la scrittura e per fare un confronto
tra le due dimensioni, quella del sogno e quella del racconto.
Come cambia l’atteggiamento dei ragazzi che diventano lettori nei confronti
di coloro che ancora non si sono riconciliati con la lettura?
In Come un romanzo ho scritto il primo dei diritti, quello di NON
leggere: notavo che i bambini che si erano riconciliati con la lettura
tendevano a disprezzare quelli che non lo avevano fatto, scordandosi che poco
prima a non leggere erano proprio loro stessi. La lettura è un atto in cui si
tende a ieratizzare inconsciamente il lettore. Ho lottato a lungo contro la
propensione dei ragazzi riconciliati con la lettura a diventare loro stessi
guardiani del tempio, mentre dovevano comunque e sempre essere passeur.
Qual è il compito principale degli insegnanti?
Ho sempre avuto passione per l’ignoranza, e ho sempre pensato che fosse un
problema intellettualmente stimolante... ma i miei professori non si sono mai
appassionati alla mia! Secondo me diventare insegnante vuol dire proprio
questo: appassionarsi all’ignoranza, trovare in essa la radice della
creatività, della conoscenza, a qualsiasi età. Mia figlia, quando mi vede maldestro
al pc, sa che per insegnarmi a usarlo deve avere molta, moltissima passione
pedagogica nei mie confronti.
I libri di Pennac
Daniel Pennac è autore di numerosi libri, tutti di grande successo; tra i
suoi libri per bambini, ricordiamo: il ciclo di Malaussène, pubblicato da
Feltrinelli, Il paradiso degli orchi (1985); La fata Carabina
(1987); La prosivendola (1989); Signor Malaussène (1995); La
passione secondo Thérèse (1998); Ultime notizie dalla famiglia (1995-96);
Signori bambini (1997); La lunga notte del dottor Galvan (2005),
il ciclo di Kamo, 1994-1996 pubblicato da Einaudi Ragazzi; Il giro del cielo
(1997, Salani). Tra i saggi: Come un romanzo (1992); Diario di scuola (2008), Storia di
un corpo (2012), tutti editi da Feltrinelli.