Pochi giorni fa alla CGL
il Ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli ha affermato:
Ed
ancora:
“Storicamente nella scuola italiana si è pensato che siccome
sei donna sembra quasi che hai caratteristiche ‘naturali’ per esercitare una
funzione con bambini di minore età, nella scuola dell’infanzia o primaria”,
considerando l’insegnamento come una missione e non come una professionalità.
Per
concludere
“Questo è un
primo limite storico: il fatto di non considerare il rapporto educativo come un
percorso che va da 0 anni” fino alla fine del percorso di studi. “Ogni rapporto
educativo è competenza e professionalità”.
Le parole
del Ministro Fedeli centrano il problema della Scuola: l’insegnamento è un
mestiere che si deve sapere svolgere.
Il verbo
“Sapere” è la chiave.
In primo
luogo l’insegnate deve sapere le materie che vuole insegnare. Ed è per questo
che chi vuole fare l’insegnante studia all’Università per raggiungere una
laurea. Chi ha frequentato l’Università sa che la Laurea, anche ottenuta con
110 e lode, non garantisce l’effettiva preparazione necessaria ad un
professore. Il percorso di studi universitari è talmente vasto da risultare inutile
per un futuro insegnante. Ad esempio la laurea in Lettere Classiche.
Letteratura Italiana, Letteratura Latina e Letteratura Greca, dalle origini
alla fine. Letteratura non Lingua e letteratura. Nel percorso di studi di
Lettere Classiche non si fa menzione della Grammatica italiana, latina e greca.
Si presuppone che siano state studiate al liceo. Ci sono dei corsi base di grammatica
ma sono facoltativi. Ovviamente sono corsi gettonati da chi arriva a Lettere
Classiche proveniente da un istituto superiore tecnico o professionale.
In
secondo luogo l’insegnante deve sapere insegnare quello che sa. E qui entrano
in gioco tutti i corsi di formazione post-universitari di didattica la cui
attendibilità è spesso dubbia. Corsi che fanno anche punteggio nelle varie
graduatorie. Si tratta di corsi a pagamento dal risultato finale certo.
La laurea
e la formazione post-laurea, oggi, creano un insegnante. Oggi, perché prima
bastava solo la laurea ed ancor prima si cominciava ad insegnare dopo aver
sostenuto tutte la materie universitarie in attesa dell’esame finale con la
proclamazione di Laurea.
Ha
ragione il Ministro quando parla di Professionalità, Competenze e Studio.
Quello
che manca è il terzo punto: l’insegnante deve sapere perché insegna o perché
vuole insegnare.
Ritengo
importante la motivazione tanto quanto i
titoli. Ma la motivazione non viene dallo studio e non può venire dalla retribuzione.
E’ vero
che la maggioranza degli insegnanti in servizio sono donne. La motivazione è di
natura organizzativa non di genere. Una volta si optava per l’insegnamento
perché rimaneva tempo per la famiglia e per la casa. Oggi e per svariati motivi
ad un insegnante maschio o femmina non rimane molto tempo libero.
La
motivazione non può essere di natura economica. Lo stipendio di un insegnante è
quello che è. Forse per molti insegnanti è anche troppo, così come per molti
altri è davvero molto basso. Ma non può essere un problema di soldi.
L’insegnamento
è un mestiere ma non è un mestiere come tanti altri. Chi potrebbe dire che il
Medico svolge solo un mestiere? Chi potrebbe dire che il Sacerdote svolge solo
un mestiere? Più in generale nessun mestiere è svolto solo per la retribuzione.
La
passione è il cuore di ogni professione.
A scuola
ci si occupa delle nuove generazioni. Dalla scuola escono i cittadini di
domani. Nella scuola si forma la società nella quale tutti viviamo.
Senza
passione nemmeno una retribuzione raddoppiata servirebbe.
Senza
passione la Competenza e la Professionalità sarebbero inutili.