martedì 18 luglio 2017

L’INSEGNAMENTO E’ UN MESTIERE?


   Pochi giorni fa alla CGL il Ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli  ha affermato:
“Ogni rapporto educativo ha bisogno di competenza, professionalità e studio. Quella dell’insegnante è una delle professionalità più importanti per il paese, perché strettamente collegata alla sua crescita”.
Ed ancora:
 “Storicamente  nella scuola italiana si è pensato che siccome sei donna sembra quasi che hai caratteristiche ‘naturali’ per esercitare una funzione con bambini di minore età, nella scuola dell’infanzia o primaria”, considerando l’insegnamento come una missione e non come una professionalità.
Per concludere
“Questo è un primo limite storico: il fatto di non considerare il rapporto educativo come un percorso che va da 0 anni” fino alla fine del percorso di studi. “Ogni rapporto educativo è competenza e professionalità”.
Le parole del Ministro Fedeli centrano il problema della Scuola: l’insegnamento è un mestiere che si deve sapere svolgere.
Il verbo “Sapere” è la chiave.
In primo luogo l’insegnate deve sapere le materie che vuole insegnare. Ed è per questo che chi vuole fare l’insegnante studia all’Università per raggiungere una laurea. Chi ha frequentato l’Università sa che la Laurea, anche ottenuta con 110 e lode, non garantisce l’effettiva preparazione necessaria ad un professore. Il percorso di studi universitari è talmente vasto da risultare inutile per un futuro insegnante. Ad esempio la laurea in Lettere Classiche. Letteratura Italiana, Letteratura Latina e Letteratura Greca, dalle origini alla fine. Letteratura non Lingua e letteratura. Nel percorso di studi di Lettere Classiche non si fa menzione della Grammatica italiana, latina e greca. Si presuppone che siano state studiate al liceo. Ci sono dei corsi base di grammatica ma sono facoltativi. Ovviamente sono corsi gettonati da chi arriva a Lettere Classiche proveniente da un istituto superiore tecnico o professionale.
In secondo luogo l’insegnante deve sapere insegnare quello che sa. E qui entrano in gioco tutti i corsi di formazione post-universitari di didattica la cui attendibilità è spesso dubbia. Corsi che fanno anche punteggio nelle varie graduatorie. Si tratta di corsi a pagamento dal risultato finale certo.
La laurea e la formazione post-laurea, oggi, creano un insegnante. Oggi, perché prima bastava solo la laurea ed ancor prima si cominciava ad insegnare dopo aver sostenuto tutte la materie universitarie in attesa dell’esame finale con la proclamazione di Laurea.
Ha ragione il Ministro quando parla di Professionalità, Competenze e Studio.
Quello che manca è il terzo punto: l’insegnante deve sapere perché insegna o perché vuole insegnare.
Ritengo importante la motivazione  tanto quanto i titoli. Ma la motivazione non viene dallo studio e non può venire dalla retribuzione.
E’ vero che la maggioranza degli insegnanti in servizio sono donne. La motivazione è di natura organizzativa non di genere. Una volta si optava per l’insegnamento perché rimaneva tempo per la famiglia e per la casa. Oggi e per svariati motivi ad un insegnante maschio o femmina non rimane molto tempo libero.
La motivazione non può essere di natura economica. Lo stipendio di un insegnante è quello che è. Forse per molti insegnanti è anche troppo, così come per molti altri è davvero molto basso. Ma non può essere un problema di soldi.
L’insegnamento è un mestiere ma non è un mestiere come tanti altri. Chi potrebbe dire che il Medico svolge solo un mestiere? Chi potrebbe dire che il Sacerdote svolge solo un mestiere? Più in generale nessun mestiere è svolto solo per la retribuzione.
La passione è il cuore di ogni professione.
A scuola ci si occupa delle nuove generazioni. Dalla scuola escono i cittadini di domani. Nella scuola si forma la società nella quale tutti viviamo.
Senza passione nemmeno una retribuzione raddoppiata servirebbe.
Senza passione la Competenza e la Professionalità sarebbero inutili.



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